RESPONSABILITÀ DEL GESTORE DI UN SITO PER I CONTENUTI ILLECITI PUBBLICATI DA TERZI
- Avvocato Laura Crisanti
- 12 lug
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 13 lug

La Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 17360/2025 interviene sul tema della responsabilità dei gestori di siti internet per gli scritti pubblicati da soggetti terzi.
La materia sottoposta all’attenzione della Suprema Corte traeva origine dalla pubblicazione su un blog di alcuni commenti ritenuti diffamatori dal destinatario.
Il soggetto leso, ritenendo che tali contenuti fossero offensivi della propria reputazione, aveva richiesto al curatore del sito la loro rimozione e il risarcimento del danno subito.
A tal fine ricorreva, dapprima al Tribunale, successivamente in Corte d'appello ma entrambi rigettavano la domanda, sostenendo che, ai sensi dell'articolo 16 del D.Lgs. 70/2003, l'obbligo di rimuovere i contenuti illeciti sorgerebbe esclusivamente in seguito a una comunicazione proveniente dalle autorità competenti, ritenuta unica fonte di "conoscenza qualificata”.
Da ultimo, l’uomo ricorreva in Cassazione, la quale disattendeva l’interpretazione resa dal Tribunale e Corte d’Appello, ritenendola in contrasto con la normativa comunitaria e con i precedenti penali in materia.
Secondo la Cassazione, l'obbligo di intervento da parte del gestore del blog non è subordinato alla ricezione di una segnalazione da parte di organi istituzionali, ma nasce nel momento in cui il gestore venga informato, anche da privati, della presenza di contenuti la cui illiceità sia manifesta.
La comunicazione dell'autorità costituisce solo una delle modalità di conoscenza, che può rendere più semplice la verifica del carattere illecito, ma non è condizione imprescindibile per l'insorgenza dell'obbligo di rimozione.
La Suprema Corte ha individuato quindi un principio di diritto finalizzato ad equilibrare la libertà di informazione e la tutela dei diritti individuali.
Il gestore di un sito web in linea generale non è responsabile per i contenuti pubblicati da terzi, ma lo diventa se, dopo essere stato informato del loro carattere illecito o diffamatorio, non interviene per rimuoverli o impedirne la pubblicazione.
L’orientamento dettato dalla Cassazione si fonda sulla Direttiva 2000/31/CE recepita dal D.Lgs. 70/2003 e mira a bilanciare lo sviluppo delle piattaforme digitali con la salvaguardia della tutela dei diritti fondamentali degli individui.
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